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Influenza suina o bufala mediatica ?

Un banale virus si è trasformato nella pandemia del XXI secolo, grazie alle campagne di marketing delle case farmaceutiche. Inventare malattie è possibile, oltreché vantaggioso.





Cari genitori,

ogni giorno parliamo della nuova influenza, e mi chiedete se sia utile e sicuro vaccinare i bambini.

La mia risposta è «no». Un «no» motivato e ponderato, frutto delle analisi delle conoscenze fornite dalla letteratura medica internazionale.

Un «no» controcorrente perché molti organismi pubblici, alcune società scientifiche e i mezzi di comunicazione trasmettono messaggi differenti: avranno le loro ragioni.

Influenza stagionale e influenza A/H1N1: alcuni dati a confronto.

L’epidemia, iniziata in Messico nel 2009, è di modesta gravità: il virus A/H1N1 si è dimostrato meno aggressivo della comune influenza stagionale. Si manifesta

come qualsiasi forma influenzale: febbre, mal di testa, dolori muscolari, nausea, diarrea, tosse. Non sarà l’unica patologia che colpirà i bambini in questo inverno,

e non sarà facile distinguerla dai circa 500 (tra tipi e sottotipi) virus capaci di infettare i bambini. I test rapidi per identifi care il virus dell’influenza A hanno poca sensibilità (dal 10 al 60 per cento). Il test quindi non garantisce con certezza se si tratti di influenza A/H1N1.

Sembra però essere un virus molto contagioso, ed è stato dichiarato lo stato di pandemia. La sola parola «pandemia» fa paura. Ma questa definizione è stata appositamente modificata, facendo scomparire il criterio della gravità, cioè della mortalità che la malattia può provocare. La nuova influenza può colpire più persone, pare, ma provoca meno morti di qualunque altra influenza trascorsa.

La mortalità, ossia il numero di persone morte rispetto ai casi segnalati, registrata finora nei paesi dove l’A/H1N1 è circolato ampiamente è dello 0,3 per cento in Europa e dello 0,4 per cento negli Usa. In realtà potrebbe essere ancora inferiore.

Perché generalmente i casi con sintomi lievi sfuggono alla sorveglianza (e quindi i contagiati possono essere molti di più), e alcuni decessi possono essere dovuti ad altre cause e non al virus (anche se ad esso viene data a esso la responsabilità). Non deve meravigliare: purtroppo si può morire, e si muore, di influenza, se si soffre di una patologia cronica, di una malformazione organica, di una malattia immunitaria, o se si è anziani.

Le cifre variano in base alla fonte dei dati. Per esempio in Gran Bretagna sono stati registrati 30 morti su centomila casi e negli Usa solo 302 su un milione di casi. Nell’inverno australe (che coincide con l’estate in Italia) in Argentina sono morte circa 350 persone, in Cile 128 e in Nuova Zelanda 16. Quasi alla fine dell’inverno australe, sinora nel mondo intero si sono avuti 2.501 decessi. Per fare un paragone, si calcola che in Spagna, durante un inverno “normale” i decessi per influenza stagionale sono circa 1.500-3.000.

La mortalità per influenza A riguarda prevalentemente persone di età minore di 65 anni, in quanto i soggetti di età superiore sembrano avere un certo grado di protezione, a seguito di epidemie passate dovute a virus simili.

Il 90 per cento dei decessi per influenza stagionale riguarda persone sopra i 65 anni di età, l’influenza A colpisce invece prevalentemente persone di età inferiore (solo il 10 per cento dei casi mortali si colloca nella fascia di età sopra i 65 anni). Ma, in numero assoluto, l’influenza A provoca pochi decessi tra i giovani; negli Usa ogni anno muoiono per influenza stagionale circa 3.600 persone sotto i 65 anni, mentre finora ne sono morte 324 nella stessa fascia di età per influenza A. In Australia ogni anno per l’influenza stagionale muoiono circa 310 persone sotto i di 65 anni; a inverno ormai terminato, ne sono morte 132 per influenza A, di cui circa 119 sotto i 65 anni.

Perché allora il panico?

Quanto successo nei Paesi dell’Emisfero australe ci rassicura: l’influenza A semplicemente arriva a colpire (leggermente) molte persone. Eppure i mezzi di informazione hanno creato il panico. È un tipico esempio di “invenzione delle malattie” (disease mongering).

Non si tratta della prima volta. Nel 2005 l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) aveva previsto fino a sette milioni di morti per l’influenza aviaria. Alla fine i morti furono 262. Si trattò di un gravissimo errore prognostico? Secondo una delle maggiori banche di affari del mondo (JP Morgan) l’attuale vendita di farmaci anti-influenzali e di vaccini muoverebbe un giro di oltre 10 miliardi di dollari.

I medicinali funzionano?

Non esiste alcun trattamento preventivo: i farmaci antivirali, Oseltamivir (Tamiflu) e Zanamivir (Relenza), non prevengono la malattia e su individui già ammalati l’azione dimostrata di questi farmaci è di poter accorciare di mezza giornata la durata dei sintomi dell’influenza. Ne’ va dimenticato che gli antivirali possono causare effetti collaterali importanti. Il 18 per cento dei bambini in età scolare del Regno Unito, a cui è stato somministrato l’Oseltamivir contro l’A/H1N1, ha presentato sintomi neuropsichiatrici e il 40 per cento sintomi gastroenterici.

…E i vaccini?

I vaccini contro il nuovo virus A/H1N1 sono ancora in fase di sperimentazione. Nessuno è in grado di sapere se e quanto saranno effi caci e sicuri, ma vengono pubblicizzati, con gran clamore. Basta che il virus cambi (per mutazione, o per riassortimento con altri virus) per rendere inefficace il vaccino già messo a punto. Sulla sicurezza sia l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che l’Agenzia del farmaco europea (Emea) dichiarano necessaria un’attenta sorveglianza.

Alcuni vaccini sono allestiti con tecnologie nuove e saranno testati su poche centinaia di bambini e adulti volontari, e soltanto per pochi giorni. Il vaccino che meglio conosciamo, quello contro l’influenza stagionale, sappiamo che ha un’efficacia del 33 per cento tra bambini e adolescenti e che è assolutamente inutile nei minori di due anni. Esistono anche dubbi circa la sua efficacia negli adulti e negli anziani.

Non conosciamo la sicurezza del vaccino per l’influenza A, ma ricordiamo che nel 1976 negli Usa fu prodotto un vaccino simile, anche allora con una gran fretta per un pericolo di pandemia, e il risultato fu un’epidemia di reazioni avverse gravi (sindrome di Guillan-Barrè, una malattia neurologica), per cui la campagna di vaccinazione fu subito sospesa. La fretta non è mai utile, tanto più per fermare un’influenza come quella A, la cui mortalità è così bassa. Conviene non ripetere l’errore del 1976.

Un’altra motivazione a favore della vaccinazione è il cercare di ridurre la circolazione del virus A/H1N1 per diminuire le opportunità di ricombinazione con altri sottotipi. Ma attualmente non esistono strumenti o modelli teorici per prevedere una eventuale evoluzione pericolosa del virus. Sul piano teorico, proprio la vaccinazione di massa potrebbe indurre il virus a mutare in una forma più aggressiva.

Come curarsi?

Per curare l’influenza A occorrono: riposo, una buona idratazione, un’alimentazione adeguata,un’igiene corretta. Non si deve tossire davanti agli altri senza riparare naso e bocca; bisogna evitare di toccarsi il naso, la bocca, gli occhi, facili vie di accesso dei virus; occorre lavarsi le mani spesso e accuratamente con acqua e sapone. Non è dimostrato che l’uso di mascherine serva a limitare la propagazione dell’epidemia.

Se decidete comunque per la vaccinazione, vi verrà richiesto di firmare il «consenso informato », una informativa sui rischi. Leggetelo bene, prima di decidere, e chiedete informazioni scritte sui benefici e i rischi. Chiedete e chiediamo insieme, per tutti i vaccinati, che sia attivato un programma di sorveglianza attivo, capace davvero di registrare e trattare i gravi problemi di salute che possono presentarsi dopo la vaccinazione. Chiedete e chiediamo che si prevedano risorse economiche per l’indennizzo ai danneggiati. Chiediamo di non speculare sulla salute e sulla paura.

Dott. Eugenio Serravalle
specialista in Pediatriapreventiva, puericultura

Commenti

Unknown ha detto…
Stiamo esagerando con le paranoie e le manipolazioni.

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