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La censura di fronte alla morte

Nel ricordo di Carlo Maria Martini, condivido un suo pensiero estratto da un suo libro trovato nella mia biblioteca:
"Sulle strade del Signore - Meditazioni per ogni giorno"

LA CENSURA DI FRONTE ALLA MORTE

E' stato giustamente notato come decisioni disperate quali quelle di procurare la morte a chi si vede preclusa la possibilità di una vita sana e "normale" maturino spesso sullo sfondo dell'isolamento in cui sono costretti anche i familiari nel compito di provvedere a tali persone.

La conseguenza più immediata che si usa trarre da un tale rilievo è quella della necessità di strutture sanitarie, e più in generale di strutture di socializzazione degli handicappati, degli anziani, dei malati gravi. E' indubbio che molto rimane da fare in tal senso. Ma non si può ignorare come molte di queste strutture già esistono eppure appaiono incapaci di rimediare alla solitudine e all'abbandono.
Consideriamo ad esempio la condizione di chi soffre di una malattia mortale ed è ricoverato in una corsia di ospedale. Egli è circondato di numerose persone: medici, infermieri, magari anche amici e parenti che fanno frequenti visite, prestano mille servizi, chiacchierano di mille cose futili. Ma purtroppo spesso non trova una persona che sia disposta a parlargli della cosa più importante, dell'unica cosa importante: egli sta morendo.

Non solo si trova persona disposta a parlare di questo - è così difficile parlare di questo! - ma neppure c'è persona disposta ad ascoltare si questo: il comportamento di tutti dimostra con troppa chiarezza al malato che di questo egli non ne può parlare, nessuno lo sopporterebbe, tutti considererebbero sconveniente un suo tentativo in tal senso.
Allora obbligatorio è l'interrogativo: non è questa rigorosa censura di fronte all'imminenza della morte, questo continuo fare "come se" l'uomo non morisse mai, non è tutto questo una radice profonda di ogni solitudine e abbandono?

La fuga difronte al pensiero della morte si prolunga nella fuga di fronte al pensiero della sofferenza: non solo di fronte al pensiero, ma anche e soprattutto di fronte alla presenza in carne ed ossa della sofferenza L'unica domanda che l'uomo d'oggi sa porsi a questo proposito è quello che riguarda il fare: come fare a togliere la sofferenza? come fare a guarire? come fare ad uscire da questo tempo "morto", senza valore e senza senso, insopportabile, che è il tempo della malattia?

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